domenica 16 febbraio 2014

Monuments men

 

Quanto tempo era che non andavo al cinema sabato pomeriggio! Ieri ho colto l'occasione perchè verso le tre mi trovavo nei pressi di una multisala e perchè il tempo uggioso e freddo favoriva il progetto!
Inoltre domenica scorsa avevo seguito la promozione di un film da Fabio Fazio: George Clooney, niente di meno, scherzava sulla sua ultima produzione, un film tratto da un libro in cui si raccontava come durante gli ultimi mesi della seconda guerra mondiale in giro per l'Europa si svolgeva una caccia straordinaria alle opere d'arte più celebri del mondo.
Quadri, sculture depredate dai nazisti per creare un grandioso museo dedicato a Hitler che avrebbe dovuto sorgere nella natia Austria. Tale progetto fu abortito perchè la guerra stava per essere persa e in quella occasione si diffuse il decreto Nerone secondo cui per volere del Fuhrer alla sua morte tutte le opere recuperate e le città d'arte, le infrastrutture, i paesi tutto doveva essere distrutto per non lasciare nulla al nemico... per non lasciare nulla dopo di lui.
Nel 1945 Roosvelt incaricò un piccolo gruppo di storici dell'arte ed esperti di rintracciare i tesori perduti che rischiavano di essere distrutti dai nazisti o "recuperati" dai russi per la loro propaganda.
George Stout (nel film interpretato da George Clooney con il nome di Frankes Stokes) che era a capo del reparto conservazione del museo Fogg, il museo d'arte più vecchio di Harvard, raggiunse la linea del fronte durante la guerra per contribuire al salvataggio dei tesori artistici a Caen, Maastricht e Aachen, oltre che al recupero di tutti i beni e opere d'arte che i nazisti avevano immagazzinato nelle miniere di  Siegen, Heilbronn, Colonia, Merkers e Altaussee.
 
 Insieme a lui andò anche James Rorimer, che divenne Direttore del Metropolitan Museum di New York e che collaborò con Rose Valland, una storica dell'arte, membro della resistenza francese e, al tempo dell'occupazione nazista, responsabile del museo Jeu de Paume di Parigi per il recupero delle opere portate via dai Musei francesi.
Il personaggio di Bill Murray si ispira a quello di un architetto, Robert Posey, che prestava servizio nella 3a Armata del Generale Patton durante la guerra, Posey scoprì la miniera di Altaussee, dove i nazisti avevano nascosto il polittico dell'Agnello Mistico dei Van Eyke, la Madonna di Bruges di Michelangelo, l'Astronomo di Vermeer.
Grazie al lavoro di questi uomini e donne fu possibile ricostruire non solo il patrimonio artistico di alcuni Paesi ma anche il recupero di collezioni private appartenute a famiglie ebree fuggite o sterminate, d'altro canto è storia di cronaca recente il ritrovamento di circa 15.000 opere d'arte che si credevano perdute e che erano sparite durante la guerra.
Nel film, che ha per protagonisti dei fantastici attori da Bill Murray a John Goodman, passando per i pluripremiati Clooney e Matt Damon, la domanda chiave che si pongono i protagonisti è se un opera d'arte valga la vita di un uomo...
La risposta sta nel valore che si dà all'arte (oggi ancora tragicamente messa in discussione), a quello che essa rappresenta per l'umanità: è la nostra storia, il nostro patrimonio, la memoria storica di quello che oggi è l'uomo della sua tensione verso la perfezione, verso la conoscenza di sè e del mondo che lo circonda.
L'arte è la rappresentazione dei tormenti dell'essere umano, l'impronta che le guerre, la storia hanno lasciato nel suo animo, di come lo spirito tenda all'infinito, alla perfezione e poi magari venga trascinato giù nella merda e nel sangue... la distruzione di un opera d'arte significa la cancellazione di un pezzo della storia umana, di noi.
Tanto di cappello a Clooney che ha portato questo argomento sullo schermo, il film mi è piaciuto molto: era divertente e tragico insieme, ben recitato e con un certo ritmo.

1 commento:

MANUELA ALBANESE ha detto...

Bella domanda ... se un'opera d'arte vale la vita di un uomo !!! Certo è che grazie all'arte l'uomo ottiene l'immortalità ... lascio alla filosofia l'ultima parola, ma come sempre il tuo modo di raccontare è sempre unico! Grazie
Manu