giovedì 28 aprile 2016

L'ultima spiaggia di Nevil Shute

Ho scoperto questo libro per puro caso grazie al film del 1959 con Gregory Peck e Ava Gardner : film hollywoodiano in bianco e nero veramente suggestivo ma come al solito, almeno per quanto mi riguarda, assolutamente imparagonabile al libro.
La prima sorpresa è stato l'autore ... un ingegnere inglese, poi naturalizzato australiano!Aver lavorato nel mondo dell'edilizia mi ha reso scettica nei confronti dell'immaginazione di un ingegnere ma in questo caso si trattava di uno specializzato in aereonautica!
Comunque il libro, scritto nel 1955, è ambientato in un futuro non troppo lontano in cui la guerra fredda e la corsa agli armamenti nucleari ha scatenato la paventata terza guerra mondiale: le bombe al cobalto sono state lanciate in maniera indiscriminata e tutto l'emisfero boreale è stato annientato.
Le radiazioni hanno ucciso tutte le forme viventi lasciando le città e i paesi deserti come dei monumenti vuoti alla follia dell'uomo mentre l'emisfero australe sarà presto invaso dalle radiazioni trasportate dai venti e dalle correnti marine e la restante parte dell'umanità sta aspettando la fine che arriverà entro pochi mesi.
Il racconto inizia proprio in Australia dove si incontrano i protagonisti: il capitano Towers della Marina statunitense a capo del sottomarino Scorpion, che insieme ad altre unità si è rifugiato nel porto di Melbourne, e  il tenente Holmes della Marina australiana. Il comando militare australiano, l'unico ad essere ancora attivo, decide di mandare il sottomarino Scorpion in perlustrazione nell'emisfero boreale per verificare i livelli di radioattività e l'esistenza di forme di vita, farà parte dell'equipaggio uno scienziato John Osborne. Prima di partire i due militari avranno la possibilità di conoscersi e il capitano sarà invitato a casa del giovane tenente dove abita con la moglie e la figlia neonata e dove l'americano conoscerà una bella e affascinante ragazza australiana: Moira.
Quello che ho trovato davvero interessante è stato il modo in cui questa fine imminente viene raccontata: non ci sono dialoghi strappalacrime o scene madri eppure in alcuni momenti le emozioni sottaciute sono evidenti e strazianti. La fine dell'umanità sta arrivando ma il pensiero del nulla assoluto è troppo per la mente dell'uomo e così dopo un primo momento di smarrimento in cui non si va più a scuola, non ci si iscrive all'università o si fanno progetti la speranza senza speranza costringe i vivi ad andare avanti.
Non sanno per quanto tempo vivranno potrebbe essere un giorno, una settimana, un mese o un anno ma ritornano nei banchi di scuola e seminano nei campi e costruiscono giardini, piantano alberi che non vedranno crescere e comprano regali ai figli che non ci sono più. Il senso della vita viene reso benissimo ed è lapalissiano: si vive fino alla morte, ma fino a quel momento la vita ha il senso che noi gli diamo e quindi fermarsi ad aspettare è impossibile anche per un anziano.
Lo stile del racconto è lineare senza concessioni ad introspezioni o sentimentalismi: i protagonisti svolgono i loro compiti e in sostanza vivono la loro vita.

domenica 24 aprile 2016

William Shakespeare

Il 23 aprile del 1616 muore quello che sarà considerato uno dei più grandi drammaturghi della storia mondiale : William Shakespeare.
Sono passati quattrocento anni e le sue opere continuano ad essere rappresentate e le sue poesie recitate, dalle indagini documentarie svolte dagli storici sembra che la sua vita non sia stata particolarmente movimentata: era un uomo con famiglia che cercava di sbarcare il lunario. Nato nel paese Stratford-upon-Avon intorno al 1564, si sposò con una donna più grande di lui ed ebbe dei figli, una certa parte della sua vita non si conosce e sopra questi anni si sono costruiti misteri su misteri ma, probabilmente, il motivo per cui non si sa nulla è che in quegli anni non ebbe altri figli e non comperò proprietà e quindi il suo nome non comparve sui registri parrocchiali o su atti notarili.
La sua passione per il teatro iniziò anche grazie alle compagnie teatrali che giravano il paese e ad una di queste si unì quando decise di recarsi a Londra per cercare fortuna.
Nel primo periodo in cui visse a Londra si dedicò attivamente al suo ruolo di attore e commediografo e, quando il dilagare della peste costrinse le autorità alla chiusura dei teatri, iniziò a scrivere i suoi famosi sonetti. Nel 1594 l'epidemia finì, i teatri furono riaperti e Shakespeare contribuì a fondare una compagnia teatrale chiamata i Servi del Lord Ciambellano che poi divenne, dopo la morte di Elisabetta I, i Cavalieri del Re.
In quegli anni smise di recitare e si dedicò interamente alla scrittura delle sue opere per le trame delle quali si ispirò ai testi di letterati italiani del rinascimento e a quelli di Boccaccio, ma anche la storia fece da sfondo ad alcune delle sue opere più famose: inizialmente fu la storia inglese, basti pensare alla guerra delle due rose per il Riccardo III e poi anche alla storia dell'antica Roma, ma gli eventi storici furono forse il prestesto per scrivere di passioni e sentimenti universali: chi è che non ha mai pianto per un amore perduto, o non è stato tormentato dalla gelosia? chi non è stato tentato dall'invidia o annichilito dalla paura? Chi non ha vissuto almeno una tempesta o sognato di travestirsi per essere qualcun'altro e sfuggire così ad un destino ineluttabile?
Non saprei dire, onestamente, quale sia la mia opera preferita so che due mi sono particolarmente care: una di queste è l'Amleto, l'avrò letto un numero infinito di volte e con youtube mi sono divertita a vederne le interpretazioni di Laurence Olivier, di Kenneth Branagh o di Mel Gibson. Il tormento del dubbio è affascinante e macabro e poi ogni volta che risento il monologo "essere o non essere..." riscopro dei significati sempre nuovi e il senso si approfondisce con il passare degli anni perchè le parole sono sempre le stesse ma le sfaccettature, alle orecchie di chi le ascolta, mutano perchè muta l'età, l'esperienza e la maturità e così lo stesso dramma si evolve e rimane sempre attuale.
L'altra opera che mi affascina forse perchè la prima volta l'ho vista a teatro interpretata da un grandissimo Gabriele Lavia, è il Riccardo III che mi dà i brividi solo con l'attacco iniziale : "Ora l'inverno del nostro scontento e' reso estate gloriosa da questo sole di York..."
Ricordo di averla vista un'estate nel teatro antico di Taormina: Lavia interpretava Riccardo III solo che si era infortunato la sera prima sul palcoscenico e così aveva una stampella e non portava il costume di scena ma una semplice calzamaglia nera con una maglietta dello stesso colore. Dopo le battute iniziali quella stampella non si notava più perchè semplicemente faceva parte del scena, era una estensione del braccio dell'attore. L'atmosfera era cupa e i protagonisti erano l'ambizione, l'invidia, l'astuzia che attiravano, avvolgendolo, lo spettatore fino alla fine quando non c'è più scampo e la morte pone fine alle ingiustizie ...quasi tre ore dopo!

martedì 12 aprile 2016

Credenza shabby

Stamattina stufa dell'angoliera dell'ikea che avevo dipinto di bianco qualche anno fa, ma che si era ingiallita, ho preso in mano rullo , pennello e colore e ho passato due mani! Poi con l'aiuto della carta carbone ho riportato scritte e disegni sulle superfici e infine con un colore acrilico nero ho ripassato tutto!
Mi sono stancata ma anche divertita!

martedì 5 aprile 2016

4 tappa del SAL

Fine quarta tappa la quinta è appena iniziata ma procede molto velocemente!