domenica 3 maggio 2015

67 Clarges Street

Ogni tanto capita di essere colpiti dalle copertina di un libro che dallo scaffale di una libreria sembra chiamarti, potrebbe essere quasi definito come un colpo di fulmine e tanto più resisti tanto te ne senti irresistibilmente attratto fino a che che non cedi e ne leggi la copertina dicendo a te stesso che vuoi solo curiosare un poco e non veramente comperarlo, soprattutto pensando alla pila di volumi che ti aspettano sui due comodini delle stanze da letto che frequenti... una a casa e l'altra nel triste appartamento dove ti appoggi durante la trasferta lavorativa!
La trama è avvincente e posando il libro sullo scaffale ti riproponi di prenderlo al prossimo giro, tanto è appena uscito e non uscirà fuori catalogo se lo comperi un altro giorno: alla fine cedi sfinito dalla lotta interiore tra la curiosità e la razionalità!
E' questo che mi è successo quando ho acquistato "La perfida madrina" di M.C. Beacon pubblicato da Astoria: per poi scoprire che si trattava del terzo di una serie di sei volumi ambientati nella Londra di primo ottocento che avevano come denominatore comune una casa al 67 di Clarges Street e il suo personale domestico.
Inutile dire che ho acquistato anche i primi due volumi poichè gli ultimi tre sono di prossima pubblicazione, mi auguro molto prossima!
La casa di Clarges  Street non è molto grande ma si trova in una zona molto in voga a Londra ed è adattissima ad essere affittata per la Stagione da famiglie con giovani fanciulle che debbono essere presentate in Società al fine di contrarre un buon matrimonio; l'affitto pur essendo molto basso comprende anche il personale di servizio: un maggiordomo, una governante, un cuoco, un valetto, due cameriere e una giovane sguattera.
Sulla casa e sui suoi abitanti grava la "sfortuna": il nono Conte di Pelham si è lì suicidato, i primi affittuari dopo questo "increscioso incidente" hanno perso tutto al gioco e quelli dopo hanno visto la loro giovane e bella figlia morta nel Parco durante la Stagione senza un apparente motivo...
A causa di ciò la residenza è data in affitto ad un prezzo bassissimo dall'amministratore del decimo Conte: Mr Palmer, un uomo spregevole e avido, che approfittando di alcuni "scheletri nell'armadio" del maggiordomo, Mr. Rainbird, e del valleto, Joseph, ricatta affamandola , l'intera servitù minacciando di licenziarli senza referenze.
Proprio la servitù, le vite e le aspirazioni che si mescolano con quelle degli inquilini dei piani alti sono i veri protagonisti della serie della Beacon che pur non avendo la profondità di Jane Austen e l'accuratezza descrittiva di una Georgette Hayer racconta le avventure del ton londinese con brio e uno stile narrativo divertente e scorrevole.
L'Avaro di Mayfair è il primo volume della serie e narra delle vicende di un anziano scozzese, Mr Sinclair, che riceve in eredità la pupilla del suo odiato fratello: Fiona è una  ragazza presa da un orfanotrofio la cui unica dote è una impareggiabile bellezza ma che sembrerebbe di una stupidità senza pari caratteristiche che la rendono possibile oggetto di "predatori" senza scrupoli.
Mr Sinclair è dedito all'alcool ma il viso della giovane e la sua apparente ingenuità fanno emergere il gentiluomo che è in lui e così egli vende la propria abitazione in Scozia e affitta la casa di Clarges Street per introdurre la giovane Fiona in società al fine di maritarla.
Dopo poco si comprenderà come la giovane non sia affatto sciocca nè ingenua e saranno la sua arguzia e accortezza a condurre in uno strano gioco di specchi i divertiti lettori.
Sarà in questo primo libro che si scoprirà anche come un saggio e protettivo maggiordomo possa salvare una damigella in difficoltà...
 
 
In Jane la bruttina ritroviamo la servitù di Clarges Street ridotta alla fame: una nuova Stagione deve iniziare e  pare che nessuno voglia affittare la casa, cosicché senza nuovi inquilini i magri salari dei dipendenti non potranno essere integrati da mance e purtoppo qualcuno ha approfittatto di una temporanea assenza per privare i nostri dei sudati risparmi guadagnati durante la Stagione precedente.
All'improvviso qualcosa cambia e in Clarges Strett arriva una madre molto parsimoniosa desiderosa di maritare la figlia maggiore, la splendida Euphemia ma sarà forse la più piccola e decisamente meno appariscente sorella Jane a sfoderare una fascino nascosto e a gettare luce su di una morte misteriosa...


 La perfida madrina del titolo è una giovane e bellissima donna Harriet cui sono state affidate, quali pupille, due giovani ragazze da marito: quantomai invidiose e maligne che cercheranno di mettere in cattiva luce l'affezionata Harriet..ma naturalmente il generoso e coraggioso personale di servizio della casa, alle prese con dolori sentimentali, riusciranno a salvare l'eroina e a rimettere a posto le cose!
Buona lettura!

domenica 21 settembre 2014

Leonardo da Vinci

Questo libro è scritto da uno dei miei autori preferiti, peraltro scoperto pochi anni fa durante un viaggio ad Urbino: Antonio Forcellino.
Si tratta dell'analisi dell'ultimo periodo di vita di Leonardo da VInci partendo dai tre quadri che egli portò con sè in Francia ospite presso la casa che il Re Francesco I gli assegnò accanto alla sua residenza estiva sulle rive della Loira.
Fu Antonio De Beatis, quale segretario al seguito del Cardinale Luigi d'Aragona, a riportare nel suo diario i particolari della visita al grande e, ormai, anziano maestro e dell'ammirazione che suscitò la vista di tre quadri sui quali Luonardo stava lavorando: la Sant'Anna, il San Giovannino e la Gioconda.
Attraverso la descrizione di questi dipinti lo scrittore ci introduce nel mondo dell'artista e scienziato e nella sua epoca risalendo a ritroso nel tempo alla Roma di Michelangelo e Raffaello del 1512 dominata dalla dinastia dei Medici che con l'elezione al soglio pontificio di Leone X, prima, e Clemente VII, dopo, ressero le sorti dell'Italia centrale per quasi un ventennio.
Fu proprio grazie alla protezione di questa famiglia che Leonardo potè rifugiarsi a Roma dopo la caduta degli Sforza a Milano. Il periodo che egli trascorse nella casa, piuttosto modesta, sul Belvedere non fu nè sfarzoso nè appagante per lui che, più che con l'arte e la pittura, amava cimentarsi con la scienza, la matematica, la biologia: Leonardo era un ricercatore proteso con o sguardo e la mente alla ricerca di qualcosa che rispondesse alle infinite domande che la sua mente inquieta si poneva.
I suoi studi e disegni sulla placenta sono giudicati sbalorditivi per la loro precisione; così come sono di grande interesse, per comprendere il suo carattere, le sue considerazioni sul rapporto tra madre e figlio: per ciò che riguarda l'anima  argomento sul quale egli è assolutamente distante dalla teologia ufficiale che assumenva a verità assoluta l'idea di Dio che insuffla la vita fisica e spirituale nel feto.
 Leonardo non era interessato a tutto ciò che non poteva essere provato, in cui non c'era nulla da scoprire o da provare.
Ed è alla luce di questa continua ricerca che va compresa la sua irrisolutezza nel dipingere, le sue opere non erano mai finite perchè egli continuava a meditarci su; le sue tele erano l'esternazione del suo pensiero, della sua introspezione: non rappresentavano la realtà, il soggetto che aveva davanti a sè non era che un pretesto... a differenza di altri non era nemmeno la rappresentazione dei moti dell'anima di quel personaggio che egli riportava sulla tela infatti i lineamenti dei volti sono sfumati al punto da diventare senza tempo, un cosmo in perenne trasformazione il cui senso sfugge.
Questo testo non è stato per nulla semplice da leggere: così come non era sempliece comprendere l'uomo e l'artista Leonardo da Vinci ma, nonostante la complessità, l'autore è riuscito a coinvolgermi e a farmi riconsiderare la figura di Leonardo non come il Grande Maestro ma come un uomo perso nei suoi pensieri, i pensieri di una mente così geniale e così elevata da esser necessariamente costretto alla solitudine non avendo possibilità di riscontro.

Gli ultimi giorni di Leonardo
Antonio Forcellino
Ed Rizzoli

domenica 31 agosto 2014

Robert Capa in Italia

Quest'anno è stato un anno di commemorazioni e anniversari : ho avuto l'impressione che ci fosse un filo conduttore, a tale proposito, che mi ha condotto in giro per il mondo e alla scoperta di persone che sono state tesimoni della guerra e delle sue terribili conseguenze.
Uno degli episodi che hanno segnato questa sorta di percorso è stata la mostra che si tiene a Palazzo Ducale, a Genova, e durerà fino ad ottobre e che presenta le opere del fotografo ungherese Robert Capa.
Capa nacque a Budapest nel 1913, il suo vero nome era Endre Friedman, iniziò ad interessarsi al giornalismo a seguito dell'incontro con lo scrittore KassaK e all'inizio degli anni trenta si trasferì a Berlino dove fu assunto da un agenzia fotografica il che gli permise di approfondire le sue conoscenze in quel campo; con l'avvento di Hitler al potere lasciò la Germania e si trasferì a Parigi dove conobbe quella che sarà la sua compagna per un lungo periodo: Gerda Taro.
Assieme alla Taro nel 1936 si recò nella Spagna sconvolta dalla guerra civile e le sue foto furono pubblicate dalle riviste più importanti dell'epoca come "Weekly illustrated" e "Life". 
Gerda Taro morì in un incidente e Capa lasciò la Spagna per un certo periodo viaggiando freneticamente tra il vecchio continente, gli Stati Uniti, la Cina, Messico... Nel 1942 gli fu proposto di preparare un reportage di guerra ed è così che dal marzo del '43 diventa reporter accreditato dell'esercito americano e partecipa allo sbarco in Sicilia e poi a Salerno ad Anzio e in Normandia.
In particolar modo le fotografie esposte nella mostra genovese riguardano proprio il 1943 e lo sbarco degli alleati in Sicilia fino alla liberazione di Napoli.
Una delle più celebri frasi del fotografo è che "se le tue tue fotografie non sono all'altezza, non eri abbastanza vicino" e l'idea di cogliere l'attimo, che sia un momento della vita quotidiana o di un gesto eroico,  è alla base del suo lavoro di testimone della realtà che è presente al fianco dei protagonisti di una tragedia collettiva , quale può essere una guerra, ma non può personalmente aiutare gli afflitti.
Devo ammettere che non avrei mai creduto che una fotografia potesse avere un impatto così potente: farmi percepire il silenzio di Chiesa usata come un ricovero mentre la luce avvolge i soldati in un attimo di tregua come una sorte di benedizione in uno spazio sospeso nel tempo.
..o cogliere l'urlo muto della disperazione infinita e senza consolazione delle madri napoletane difronte alle bare dei propri figli.
Questi volti distorti dal dolore, che mi hanno commosso fino alle lacrime, mi  hanno fatto tornare in mente le figure della pittura nigra di Goya ed è strano pensare che, nel confronto con le immagini fotografiche della Grande Guerra, l'opera di Capa incarni, agli occhi della critica, un nuovo modo di fare fotografia in quanto lontane dalle immagini giudicate come statiche perchè "impregnate di pittorialismo"...
Effettivamente non c'è nessuna staticità in ciò che ho visto ma un continuo fluire di emozioni, sentimenti che  avvolgono il visitatore e lo proiettano all'indietro nel tempo e nello spazio lasciandolo con la curiosità di conoscere le storie di quella umanità così provata, desolata, ammutolita e a volte tristemente rassegnata, con le spalle curve sotto il peso gigantesco della vita e della morte...
 
Robert Capa in Italia 1943-1944
Genova Palazzo Ducale
7 giugno - 5 ottobre 2014

martedì 26 agosto 2014

Vacanze in giallo

Oramai l'appuntamento stagionale con i racconti "gialli" editi dalla Sellerio non si può saltare... almeno per una appassionata di trame poliziesche quale la sottoscritta e perciò eccomi con l'edizione estiva di questa collana.
Il primo racconto ha per protagonista la schietta e decisa dective spagnola Petra Delicado che si trova, suo malgrado, a passare una settimana al mare con i figli piccoli del suo ennesimo marito: due gemelli maschi e una bambina. La curiosità dei bimbi veine catturata a bordo piscina da una vistosa e riservata coppia di russi: lei alta e appariscente, lui con un perenne blazer che potrebbe nascondere...una pistola?! E qui la fantasia infantile si scatena costringendo la povera Petra ad investigare per trovare requie e riuscire a godersi il meritato riposo e naturalmente non mancherà di correre in suo aiuto l'inossidabile vice Firmin.
Un'altro racconto che mi ha fatto ridere è stato quello di Antonio Manzini avente per protagonista il vicequestore Rocco Schiavone in partenza per la Provenza allo scopo di scaldarsi le ossa prima di raggiungere Aosta, sua nuova sede di lavoro. La vicenda si svolge sull'aereo in partenza da Roma Fiumicino: l'inquieto e brusco poliziotto si trova a litigare con la vicina preda di una crisi di panico e a rischiare di far linciare un politico ritardatario e arrogante...dato che mi trovavo sull'aereo in partenza per le vacanze mi sono sentita molto vicina a Schiavone!
Il voto più alto, se mi è concesso di stilare una classifica, va a Francesco Recami e ai suoi personaggi della casa di ringhiera che si sono temporaneamente trasferiti a Milano Marittima: Aldo Consonni con il nipotino Enrico, sua figlia Caterina e l'eterna fidanzata Angela... e una coppia di turisti gay morti che compaiono e scompaiono tra le fronde di una pineta e le camere d'albergo della riviera romagnola. Anche in questo caso gli equivoci, i colpi di scena oltrchè una meravigliosa capacità di scrittura ti prendono fino dalla prima pagina e ti accompagnano tra tante risate alla soluzione del "mistero".
Vivamente consigliato all'ombra di un ombrellone o di un ombrello... dipende da dove avete deciso di trascorrere le vostre meritate vacanze.
Vacanze in giallo
Autori vari
Editore Sellerio 



domenica 24 agosto 2014

Amsterdam

Rassegnata all'idea che questa "estate" non avrei potuto godermi il mare e non amando particolarmente i bagni di sole ho deciso di optare, nella scelta della meta per le ferie, a favore di una capitale nordica.
La scelta è caduta sulla capitale olandese definita la "Venezia del Nord"... 
In effetti i numerosi canali e i ponti che uniscono la terra in un dedalo di viuzze e piazze su cui si affacciano i caratteristici palazzi con le loro facciate lunghe e strette hanno un loro fascino.
Ho scoperto che il motivo per il quale le case sono così fatte è dovuto ad una tassazione sulla larghezza delle abitazioni e che il gancio in alto sul frontone delle case serviva per sollevare la merce dai magazzini al pian terreno al sottotetto in caso di inondazioni...
Naturalmente non poteva mancare una visita al mercato dei fiori con le numerossissime bancarelle piene di bulbi di tulipani: io ho preso quelli arancioni screziati di nero: bellissimi!
Un'altra caratteristica di questa città sono le house boat: le case sull'acqua dotate di energia elettrica e gas. Molto carine! Possono essere sia delle costruzioni su zattera e quindi inamovibili sia dei barconi che possono essere spostati: devo confessare che la prima cosa che ho pensato vedendoli è stata la mia cervicale che con l'umidità del canale non andrebbe affatto d'accordo!
Altro simbolo dell'Olanda sono i mulini e perciò un turista impeccabile non può mancare di visitarne uno... o un intero paesino sulle rive del fiume Zaand. 
Ho potuto visitare un mulino e l'ingranaggio con la macina era davvero impressionante, per non parlare della piattaforma cui si accede attraverso delle scalette ripidissime e da cui si possono ammirare le pale con le vele che girano con una forza impressionante.
Anche il paesino (ricostruito) di fine seicento era incantevole con le botteghe e le locande che ti catapultavano in secoli passati rendendo l'atmosfera vagamente fiabesca...mi sentivo un po' Alice nel paese delle meraviglie.
  A dire il vero tutta la città mi è parsa un poco fiabesca sarà per il fatto che alcune costruzioni come la stazione centrale o il Rijk Museum sono stati costruiti alla fine dell'ottocento con uno stile medievale...  Nel mio viaggio non poteva mancare,naturalmente, un omaggio ad un dei più grandi pittori olandesi: Van Gogh.          
 L'edificio è ultra moderno dalle linee pulite e chiare ma al suo intrno è accogliente ed è concepito non semplicemente come uno spazio espositivo ma un percorso che racconta l'evoluzione artistica e umana del famoso pittore: sono raccontati gli incontri fondamentali con Gauguin, il puntinismo degli impressionisti, l'arte orientale e la scoperta del colore...
 Così si passa dalla cupezza dei mangiatori di patate ai famosi girasoli che dipinse per la casa che divise ad Arles con Gauguin...
 
 Alla sua stanza, alla natura che per lui rappresentava una grande fonte di serenità in un mondo in cui non aveva punti di riferimento se non per il suo amato fratello e la cognata...
 

  Un mondo che non comprendeva la sua arte e che lui cercava disperatamente di raggiungere.    

domenica 20 luglio 2014

La Grande Guerra 1914-1918

 Il 28 di luglio si celebrerà l'anniversario dell'inizio della Prima Guerra mondiale detta anche la Grande Guerra... perchè lo fu veramente!Finì un mondo e l'Europa con la sua storia, la sua civiltà così progredita, così moderna, così dominante consumò se stessa.
Agli inizi del '900 niente sembrav turbare la forza innovatrice e la sicurezza degli imperi che si erano andati creando e rafforzando sul suolo europeo: quello germanico, austro-ungarico, ottomano, britannico... tanto per citarne alcuni.
Il secolo era stato inoltre inaugurato con la grandiosa esposizione universale di Parigi che coincise con l'apertura della prima linea della metropolitana parigina e con la celebrazione della tecnica e della scienza europea: il tema dominante fu l'elettricità e la vittoria dell'uomo moderno contro le tenebre, i visitatori furono 50 milioni e dovunque trionfavano i miti della Belle Epoque.

Dunque come si arrivò una quindicina di anni più tardi alla distruzione totale di un'epoca e di una civiltà? Ci furono 10 milioni di morti e molti degli imperi citati fuorono spazzati via.
Nel cercare di approfondire questo tema mi è capitato per le mani un bel libro di Emilio Gentile che analizza, più che le battaglie, la situazione politica e sociale che ha portato a questa guerra scaturita da un attentato avvenuto a Sarajevo il 28 giugno del 1914 ad opera di un separatista serbo che uccise l'erede al trono dell'Impero austriaco Francesco Ferdinando e sua moglie Sofia... paradossalmente l'arciduca era favorevole alla creazione di uno stato federalista in cui le varie etnie potessero avere la loro libertà di espressione.
La guerra non scoppiò immediatamente ma quasi in modo inconsapevole... sembrerà assurdo ma fu così: l'imperatore austriaco Francesco Giuseppe diede un ultimatum alla Serbia, forte del sostegno della Germania, nella convinzione di poter dare una lezione ad un popolo ribelle e che la guerra sarebbe durata poche settimana... qualche mese!
Ma i venti di guerra furono alimentanti dall'idea romantica, si potrebbe dire, che si aggirava negli ambienti artistici ed intellettuali: l'deale della guerra come dimostrazione di coraggio e di difesa del proprio onore, un senso dell'onore cavalleresco che andava difeso con la vita...e di vite ne furono spese moltissime: furono dieci milioni i morti tra civili e militari e il conflitto durò 52 mesi.
Nel testo di Gentile che non è esustivo, ne vuole esserlo, si tratteggia però molto bene l'atteggiamento di alcuni ambienti in cui la guerra era vista come: un'esperienza collettiva per purificarsi dallla corruzione prodotta da un lungo periodo di pace...necessaria per far nascere un uomo nuovo e una nuova società rigenerati dal materialismo.
Fu sull'onda di questo malinteso senso dell'onore a disprezzo della vita che si arruolarono tanti volontari ma le loro fantasie furono ben presto distrutte dalla terribile realtà delle battaglie di trincea, dei mesi e degli anni passati a strisciare nel fango alternando momenti di immobilità a sanguinosi scontri che sostanzialmente non spostavano la  linea del fronte che di poche centinaia di metri.

mercoledì 2 aprile 2014

KLIMT a Milano

La visita di questa mostra è il risultato di una fuga: sono sfuggita dal lavoro un pomeriggio e sono andata a passeggiare a Milano, tanto per ricordare a me stessa che c'è il mondo al di là della routine ripetitiva in maniera quasi ossessiva, è grande ed esiste ancora basta andare a guardarlo...anche solo una sbirciatina ogni tanto!
E quindi ho preso la metro alla volta di Via Montenapoleone, Via Manzoni, Palazzo Marini, il Duomo e Palazzo Reale dove è stata allestita la mostra dedicata ad un grande e innovatore artista austriaco: Gustave Klimt.
Filo conduttore di questa esposizione è lo studio delle origini della vita artistica di questo artista e del percorso che lo ha portato a scardinare l'impostazione tradizionale della rappresentazione pittorica del mondo: non una semplice riproduzione della realtà ma una rielaborazione, una interpretazione di questa e nella rappresentazione dell'umanità e delle sue inquietudini, in questo periodo si sta sviluppando la psicoanalisi e si prepara la prima guerra mondiale che sfocierà in tutta la sua violenza e devastazione spazzando via tutto un mondo...
 
Le avvisaglie di questo cambiamento, della necessità di restituire l'arte al suo tempo sono alla base dell'opera di Klimt che partendo da una collaborazione con un suo compagno di studi, Matsch, e del fratello poco più piccolo Ernst fonderà prima una compagnia che riscuoterà notevole successo tanto da ottenere la commissione di decorare le sale dell'Università di Vienna, poi andrà oltre (in seguito sia alla morte del fratello sia al fatto che le sue opere per l'Università vengono criticate  e respinte) fondando il movimento della Secessione insieme con altri artisti.
Nella mostra vengono quindi esposte opere dell'inizio della sua vita artistica dalle quali si comprende le sue enormi capacità nella ritrattistica e il grande valore che dava al disegno, ci sono innumerevoli bozzetti che ritraggono le modelle nel suo studio e che gli servono come base per i suoi dipinti.
 
 Diverse sono anche le "fasi" della suo opera: quella in cui le tessere del mosaico bizantino in puro oro costituiscono lo sfondo o i le vesti dei personaggi che rappresenta, l'influenza delle stampe giapponesi con i motivi floreali...

...i suoi paesaggi che hanno un taglio modernissimo perchè fissano sulla tela dei particolari del mondo che lo circonda e spostano l'orizzonte molto in alto nei suoi quadri in una visione "fotografica" del paesaggio.
Espressione dell'importanza dell'arte nella vta dell'uomo è l'opera "il Fregio di Beethoven" di cui in questa mostra è stata esposta una copia perchè l'originale è inamovibile: esso rappresenta il viaggio di un guerriero splendido nella sua armatura dorata che attraversa il mondo fatto di tentazioni e oscure minacce prima di arrivare alla fine del suo percorso nelle braccia della Donna: la poesia. 
A significare che solo l'arte può salvare il mondo e dare un senso alla vita dell'essere umano...
Il complesso rapporto tra l'uomo e la donna, quasi una musa ispiratrice che lo guida nella sua vita, è rappresentato nell'ultimo quadro che chiude la mostra: Adamo ed Eva.
Personalmente ho sempre immaginato che lui avessi gli occhi chiusi perchè si abbandona alle capacità di comprensione di lei che lo ristora con la sua bellezza, che lo rende eterno nel suo riprodursi...
La mostra durerà fino al luglio del 2014 a Palazzo Reale.